Corriere del Veneto
Lauzzana, gli anni della Padova “rossa” fra utopie e disincanto.
di Massimiliano Melilli
11 Maggio 2014
Ci sono quelli della Dolce vita e che vestivano alla marinara. E ci sono quelli che indossavano l’eskimo e cantavano «Dio è morto» perché erano scontenti del mondo così com’era. Ma anche perché credevano di poterlo cambiare. La borghesia, gli intellettuali e gli operai. «Vogliamo tutto e lo vogliamo subito». «Fate l’amore e non la guerra». «A morte lo stato capitalista e imperialista».Debord e Marcuse. I Doors, Patti Smith e i King Krimson. Situazionismo, nichilismo e le spiagge di Saint-Malo. Holderlin e Kierkegaard. Nietzsche, Lèvi-Strauss e Foucalt. Dal ’68 al ’77, una dieci cento stagioni. Utopie e disinganno, cattivi (?) maestri, anime belle (!), città a ferro e fuoco. Poi gli Anni Novanta e il riflusso che sfocia nella deriva degli ismi: edonismo, narcisismo, consumismo. Teoria e prassi di una rivoluzione mancata. Al centro c’è anche Padova, città che si può odiare o amare. Dipende dalla prospettiva. Come se ad ogni strato, corrispondesse una pelle diversa, un vissuto cangiante. Deve amarla tanto Padova, Laura Lauzzana. Ma di un amore sospeso fra verità e menzogne, luce e lutto, oneri e onori. Perché alla resa dei conti, dopo il convincente esordio Il resto del giorno, questo secondo romanzo, Tu mi guardi (edizioniAnordest, 254 pagine, euro 13,90) è come un’autopsia sul corpo vivo, passione per la narrazione e vocazione a riflettere. Se il primo romanzo ruota attorno alla civiltà rurale, nella seconda prova (superata a pieni voti) è protagonista la città.
Alice, la protagonista, vive e lotta «aiutata» da un gruppo di ragazzi più grandi: «È l’erranza che mi accomuna forse alla gioventù che fu di Max e quelli come lui… che mi prendono spesso dei moti di evasione, forse è solo dell’essere giovani (…) Questi amici, seppure quasi cinquantenni, ai nostri occhi non sono ancora intrappolati, come quegli altri adulti e questi nuovi giovani che ci vediamo attorno.
Perché è indubbio che una nuova fauna si sta diffondendo tra noi, e sono a noi coetanei, ma come venuti da un altro pianeta». Già, Max, Vito, Oleg, Michele, Renato, Armando… Nel dipanarsi di vite, segni e sogni che l’autrice intesse con un linguaggio e uno stile che nulla cedono a scontati orpelli narrativi, è la polifonia di voci, figure e dialoghi a fare di «Tu mi guardi» un romanzo politico che si legge come una storia d’amore. C’è l’arte sospesa fra galleristi, pittori e interessi spesso sinonimo di intrighi. C’è la Padova del ghetto e delle bettole, rifugio per anime ribelli h24. Ecco le relazioni appena abbozzate e già abortite in un gioco di crudeli intarsi. E l’urgenza di un lavoro che alla fine cede al compromesso. Un affresco che Laura Lauzzana dipinge in modo naif, a tinte volutamente forti e contrastanti, dove i protagonisti, eroi tragici di un tempo perduto o amabili don Chisciotte senza età, seducono il lettore fin dalle prime pagine e lo accompagnano, passo dopo passo, in un viaggio senza meta. È l’autrice che arriva a destinazione: Tu mi guardi è il romanzo della maturità.